Livio Gigliuto, Vice-Presidente dell’Istituto Piepoli, spiega come è andata la giornata elettorale di domanica 26 gennaio e si concentra prima di tutto sull’affluenza.
Motivare gli elettori, sfruttare anche la polarizzazione voluta da Salvini. E fare campagna acquisti anche tra quelli che avevano lasciato il centrosinistra per spostarsi altrove. È la formula che ha usato Stefano Bonaccini per riprendersi l’Emilia Romagna.
Cosa è successo? Livio Gigliuto, vicepresidente dell’istituto Piepoli, per spiegare come è andata la giornata del 26 gennaio si concentra prima di tutto sull’affluenza.
Al contrario, Salvini che voleva mobilitare le province del Nord e la Romagna non è riuscito a portare al voto tutti quelli che voleva mobilitare. L’affluenza nelle sue zone forti è andata così, spiega il vicepresidente di Piepoli:
Stefano Bonaccini è andato molto bene lungo la via Emilia, in particolare tra Reggio e Bologna. Male invece nel piacentino e nel ferrarese.
Cosa è successo? «Il centrodestra non è riuscito a conquistare aree comuni, dove la differenza era bassa tra i due schieramenti, se si guarda al confronto con le Europee. Il centrosinistra, in particolare nelle zone vicine a Bologna ha recuperato alcuni comuni che avevano votato centrodestra».
L’analisi dell’Istituto Cattaneo dice che il centrosinistra è stato bravo a riconquistare gli elettori che erano andati col Movimento cinque stelle.
Perché è importante? «Si dimostra che la politica è una cosa fisica», dice Gigliuto, non digitale. «La sinistra ha recuperato solo nelle aree fisicamente vicine alla sua zona di influenza e dove erano fisicamente presenti anche le Sardine. I cinque stelle hanno ceduto voti alla sinistra e l’hanno premiata anche col disgiunto, che però è sempre un voto minoritario, per persone politicizzate».
Qui c’è stato un modello più classico, tipico di tante competizioni amministrative:
L’affluenza è stata omogenea è bassa. Forza Italia può rivendicare il ruolo suo e di Jole Santelli, dice ancora Gigliuto.
Non c’era partita: Il centrodestra aveva il 47% il centrosinistra il 24%, il Movimento il 26,8%.
Il centrosinistra non è riuscito a svuotare il bacino del movimento, né il Movimento ad avere il candidato prioritario, anche il terzo incomodo, Tansi, ha pesato.
Zingaretti ha fatto il segretario vecchia maniera; vuole mettere tutto insieme, da Calenda al Movimento 5 stelle. Se ci riesce diventa molto «sfidante» dice Gigliuto.
Il Movimento cinque stelle si deve chiedere che cosa è nella geografia del paese: è un pezzo del centrosinistra, è ancora un movimento di contrasto alla politica tradizionale? È il partito di Giuseppe Conte o vuole rilanciare l’immagine alternativa e orientarsi su Di Battista? Il possibile elettore cinque stelle in passato era più facilmente individuabile, ora non lo è più.
Salvini ha fatto la campagna che poteva fare. Col senno di poi ha radicalizzato troppo lo scontro. Il suo motivo era mobilitare i suoi, ma il rischio in queste sfide è che motivi pure gli altri. Succede da sempre, accadeva anche nelle campagne di Berlusconi. In ogni caso, la Lega ha tendenzialmente confermato i suoi elettori. Ha portato un suo candidato, forse gli ha dato poco visibilità ma in passato aveva fatto cosi e aveva funzionato.
Sara Menafra per OPEN