Domenico Bonaventura de Il Riformista intervista Livio Gigliuto, Vicepresidente dell'Istituto Piepoli sul caso del M5S.
Di certo gli stracci che negli ultimi giorni hanno preso a volare tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte non aiutano.
Il tema, però, preesiste a questa resa dei conti che covava da tempo, e che solo i più sbadati non avevano visto. Perché il M5S è in caduta, mentre il suo presidente continua a godere di un consenso personale altissimo? Ho affrontato il tema con Livio Gigliuto, vicepresidente di Istituto Piepoli, proprio per approfondire il legame (se c’è) tra consenso personale e consenso al partito.
“Se si prova a costruire una sorta di algoritmo che determini una proiezione del consenso del leader sul partito, non lo si trova”, esordisce Gigliuto. Insomma, potremmo chiuderla qui: non c’è relazione diretta, non c’è proporzione, se così possiamo definirla, tra la popolarità del singolo personaggio politico e le intenzioni di voto del proprio partito. Anche perché è chiaro che “popolarità” vuol dire “gradimento” (anche estemporaneo), mentre il voto per un partito è un’azione ben più impegnativa per un elettore.
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